venerdì 16 novembre 2007

Israele: prove di guerra

Israele: prove di guerra

Quando, intorno a Febbraio Marzo, Mosca avrà completato l’invio di 50 batterie di Pantsyr S1E a Bashir Al Assad, Damasco avrà a disposizione un altro sistema missilistico a breve raggio per scoraggiare Israele dal violare lo spazio territoriale della Siria o, peggio, di portare un’altra guerra aerea sul Paese a cui ha strappato con la forza nel ’67 le Alture del Golan decretandone poi l’annessione con un provvedimento legislativo della Knessett.Sistema d’arma esclusivamente di difesa, una batteria di Pantsyr è composta da 6 piattaforme mobili di lancio, montate su autocarri 8x8 Kamaz-6560. La Siria ha già reso parzialmente operative 10 batterie. A esaurimento della consegna Damasco avrà in postazioni carrate oltre 3.000 Pantsyr S 1E immediatamente pronti al lancio e le scorte di dotazione nel rapporto di 1: 3.Il valore della
commessa per la Rosobornexport, già oggetto di sanzioni economiche e finanziarie decretate dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti di Wastinghton, dimostratesi del tutto inefficaci ma che hanno ulteriormente peggiorato le relazioni dell’Amministrazione Bush con il Cremlino, questa volta si aggira sui 965 milioni di dollari. Ogni Kamaz 8X8 monta 12 missili a doppio stadio, a carburante solido, Pantsyr S1E con una portata di 20 km e 10 in altezza. Un singolo missile pesa 65 kg , monta una testata da 19 kg e ha una velocità nell’intera fase di gittata di 1,1 km/ sec. Un proiettile cal 9x45 sviluppa una velocità iniziale alla bocca della canna di 250 mt/sec. Il Pantsyr, 1SE è dotato di un eccellente radar di scoperta e di attacco, è fortemente insensibile a contromisure elettroniche e ha un altissima probabilità di centrare qualsiasi vettore in avvicinamento e in manovra attualmente a disposizione degli USA: missili cruise, bombe di precisione a guida laser e aerei d’attacco steelth F 117 e F 22. Gli F 16 e F 15 della Heyl Ha Avir, in queste condizioni, sotto la quota dei 10.000 metri andrebbero incontro a perdite difficilmente quantificabili nella misura del disastro militare e a quote superiori avrebbero enormi difficoltà operative per colpire con precisione ed efficacia qualsiasi obbiettivo militare pagante della Siria. Insomma, da solo, il Pantsyr 1 SE ha creato dei grossi problemi militari e politici al Ministro della Difesa Barak e al Ministro degli Esteri Tizpi Livni oltre che di riflesso al Dipartimento di Stato Usa nell’intera area del Medio Oriente e anche più in là. Alle ore 23.05 del 5 Settembre 6 jets di Israele sorvolando il Mediterraneo da sud, come avevamo già anticipato hanno effettuato 2 incursioni, una su Latakieh ( struttura portuale fortemente difesa ) e l’altra, a più ampio raggio, verso il nord al confine della frontiera turco-siriana sulla località desertica di Tal Al Abiad per testare, secondo l’Ansa, i tempi di risposta della copertura radar e della difesa aerea e missilistica di Damasco. All’Agaf ha Modi’in (il servizio militare di informazione di Israele) evidentemente su richiesta del Governo Olmert, serviva, si è ipotizzato, conoscere il livello di approntamento operativo delle batterie di Pantsyr S1E attualmente dislocate nella zona. Dei 6 F 16 I appartenenti alla 107° squadriglia d’attacco decollati dalla base aerea di Ramon, 2 si sono spinti su Latakia individuati da radar con una portata di 350 km P 35 M e dai radar delle batterie missilistiche degli S 200 ( portata operativa contro i B 1, B 2 e Awacs Usa di 300 km ) prima di essere presi in consegna, valutata la scarsa efficacia bellica degli intrusori, da un altro sistema di avvistamento, anche qui mobile , P 15 M del complessi antiaerei a breve- medio raggio S 125 M1 Pechora 2A. Anche se non si hanno notizie confermate la Siria potrebbe schierare oltre all’S 125 e S 200 anche il ben più moderno e temibile S 300 Pmu 2. Un sistema d’arma di 4° generazione capace di costruire, se fornito in quantità adeguate, un muro di cemento armato contro qualsiasi aggressione esterna. La Russia avrebbe inoltre trasferito a Damasco e a Teheran il più potente intercettore della sua aviazione, il Mig 31, in numero di 5 alla Siria e 14 all’Iran, dotato di radar a lunghissima portata e missili R 77 MA e CK 172 capaci di inseguire e distruggere in volo un bombardiere strategico, Steelth o un Awacs della US Air Force a 200 e rispettivamente 350 km di distanza. Per ritornare al Mediterraneo gli F 16, abortito il tentativo di intrusione su Latakia, hanno fatto marcia indietro. Dall’aeroporto di Ramon, qualche ora più tardi sono decollati 4 F 15, dotati di un serbatoio supplementare agganciato sotto la fusoliera di 2.803 litri. Il piano di volo prevedeva, come già anticipato su Rinascita, una lunga deviazione sul Mediterraneo in corrispondenza della costa libanese e siriana per evitare l’aggancio radar di Damasco con l’obbiettivo di raggiungere il confine tra Siria e Turchia e di entrare nello spazio aereo di Ankara mantenendo poi una rotta di navigazione lineare ovest-est che interferisse, per la frastagliatura dei confini, di volta, in volta, con la sovranità dei 2 Stati.Contrariamente a quanto affermato da Debka, in assenza di una presa di posizione del Governo Olmert, non esiste certezza che il raid aereo della Heyl Hal Avir sia stato finalizzato all’accertamento del grado di operatività delle batterie di Pantsyr, né che la pattuglia dei cacciabombardieri F 15 abbia testato con emissioni jamming i Pantsyr S1E per la possibile neutralizzazione del sistema d’arma. Così come non esiste prova che la violazione dello spazio di Siria e Turchia fosse destinata a colpire il trasferimento in territorio libanese di missili contraerei Sa 18 per Hizbollah. La posizione geografica di Tal Al Al Abiad, località desertica ai confini fra il sud-ovest della Turchia e nord-est della Siria, ne rende assurda la semplice credibilità. Esiste invece il fondato sospetto che la violazione del confine siriano e turco degli F 15 sia stato programmato, nei piani del governo Olmert, per un obbiettivo molto più subdolo e politicamente pagante: creare un attrito tra i militari di Ankara, al comando della cricca Buyukanit, e il Governo Erdogan, sostenuto dall’AKP e dai suoi Alleati, che ha eletto il 15 Agosto di quest’anno Abdullah Gul 11° Presidente della Turchia. Una provocazione capace di innescare un conflitto dalle conseguenze imprevedibili tra Esecutivo e Forze Armate storicamente legate alla Nato, agli Usa e a Israele. Un attrito tra Poteri dello Stato peraltro già da tempo ampiamente latente. Il volo degli F 15, “ agganciati “ sul Mediterraneo dai radar e intercettati da una squadriglia di Mig 29 SMT della Siria, nell’attraversamento, a più riprese, dello spazio aereo di Ankara non ha provocato, come avrebbe dovuto, misure di allerta aerea e missilistica. Le forze armate turche, ignorando qualsiasi regola di sicurezza si sono semplicemente limitate a seguire sugli schermi radar l’intrusione israeliana. Elemento che fa sospettare l’esistenza di “relazioni”, tutt’ora operanti, anche se sotterranee, tra i “Guardiani della Costituzione” e Israele. Il Governo Olmert vede la coalizione guidata dall’AKP di Erdogan come un ostacolo alla sua politica estera e militare in Medio Oriente, specie dopo il congelamento operato da Ankara nel campo delle relazioni tecnologiche-militari con Gerusalemme. Israele punta, nelle intenzioni, a favorire dall’esterno le condizioni di un intervento di Buyukanit nella vita politica turca, che isoli il Governo e Parlamento, e che offra l’opportunità a Usa e Nato, a corto di alleati in tutto il Golfo Persico, di utilizzare le basi aeree della Turchia per un attacco all’Iran. Le notizie che arrivano in queste ore sono tutt’altro che rassicuranti. La condanna del raid dei cacciabombardieri con la “stella di david”, con l’inoltro di una nota ufficiale di protesta a Gerusalemme, una volta accertato lo sgancio e la caduta dei serbatoi supplementari dei 2 F 15 sul territorio della Turchia è stato espresso dal Ministro degli Esteri di Ankara il 7 Settembre alle ore 12.55 e pubblicato alle ore 13.00 dello stesso giorno dall’Agenzia Sana nel notiziario ufficiale. La flagrante violazione dello spazio aereo della Siria, al di là delle dichiarazioni ufficiali che Perez ha recentemente rilasciato nella sua visita al Quirinale e a Palazzo Chigi sulla pervicace volontà di Israele di puntare ad un accordo defintivo di pace con gli stati arabi confinanti, non può non assumere in realtà il significato, preoccupante, del lancio intenzionale, ancora una volta, del cerino acceso di Gerusalemme nella polveriera del Medio-Oriente.
(Giancarlo Chetoni)

mercoledì 14 novembre 2007

Meglio "terroristi" che borghesi

Meglio “terroristi” che borghesi

Da antico ultrà, da sempre conoscitore delle realtà legate alle Curve, mi piace porvi come motivo di riflessione l’articolo di Una Ultrà comparso su Rinascita del 13 novembre.
Mi ero ripromesso – dato il silenzio delle nostre Comunità su quanto è accaduto domenica 11 – di scrivere delle note estremamente dure quanto puntuali che si sarebbero aggiunte alle tante da me curate su uno speciale Osservatorio del periodico “Giustizia Giusta” ed in parte raccolte in un Quaderno (Verità sulle Curve), edito in occasione di un Convegno-Tavola Rotonda (La conquista affaristica del Territorio-Sport passa anche attraverso la “criminalizzazione” degli Ultras) tenuto a Roma il 18 marzo 2005.
Tutto noto, tutto chiaro e scontato pur non essendoci stato l’episodio della morte dell’ispettore Raciti, dato per ucciso da un tifoso catanese mentre è dimostrato (e ne ho dato ampia contezza in un articolo titolato “Amato dimettiti!”) che cadde a seguito di “fuoco amico”, come ormai la vulgata declama. Tra l’altro ho continuato più volte a chiedere che fine avesse fatto il fegato dell’ispettore, notoriamente scomparso per impedire pericolose perizie…
Tutto noto, tutto drammaticamente chiaro.
Un giovane ucciso in un Autogrill da una guardia che spara a braccio teso…Il silenzio delle istituzioni…E poi notizie false date per vere fatte filtrare attraverso i soliti portavoce televisivi…Ed un Osservatorio inutile composto da lacché strapagati…Sospensione sì sospensione no delle partite…E a Roma scoppia la guerriglia urbana…Assalto alle caserme delle guardie…
A questo punto l’attenzione è spostata da Arezzo ai comportamenti “terroristici” degli ultras: “nei salotti televisivi non si parla più della morte di un ragazzo, ma si punta l’indice contro i tifosi”. Il gioco è fatto? No, qualcosa si è rotto nell’ingranaggio degli oligarchi (per dirla con la nostra amica ultrà): rotto definitivamente. Nel momento in cui i tifosi superano in tutta Italia il senso di appartenenza alla loro squadra ed ai loro stessi riferimenti d’immagine politica e fanno fronte unito contro le guardie non c’è più Kipling che tenga. Figurarsi i corrotti rappresentanti delle cosche istituzionali.
Un’ultima considerazione. La vogliamo finire con la storia delle povere “forze dell’ordine”? Di quale Ordine e di quale Stato? Non il nostro. Guardiani servi dei camerieri delle banche! Io personalmente, poi, li ho conosciuti sempre scatenati contro di noi. Erano sempre lì a bastonarci. Ma talvolta venivano bastonati, come a Valle Giulia. Pronti ad arrestarci: godendo mentre ci massacravano. O no? Li ho visti ancora aggredire sotto Palazzo Chigi i malati di cancro che chiedevano di poter usare il protocollo Di Bella. Ed ancora picchiare a sangue gli allevatori rei di marciare con i loro trattori su Roma. Sempre usando il manganello all’inverso. Usando, cioè, il manico sui crani e sui volti delle loro vittime di turno (lo hanno fatto anche a Bergamo domenica scorsa, tanati impietosamente da Striscia!). Avete già dimenticato il massacro alla Diaz e a Bolzaneto? Oppure lì facevano bene perché si aveva a che fare con i “compagni”? Alberto Giaquinto giustiziato dal brigadiere della Digos Speranza con un colpo alla nuca…E Stefano Recchioni centrato in fronte dal capitano della “benemerita” Sivori. A braccio teso…

Basta. Lasciamo ai buoni borghesi indignarsi e difendere i poveri Servitori dello Stato. Lo ripeto: comunque meglio “terroristi” che miserabili.
E non s’inventino i Grandi Vecchi: i tifosi usano i simboli politici come elementi suggestivi di aggregazione, non sono eterodiretti da gruppi o da organizzazioni politiche rosse o nere.

(Paolo Signorelli)

venerdì 9 novembre 2007

Comprendere ed agire

Comprendere ed agire

Uno degli aspetti più distruttivi dell’attuale capitalismo e del pensiero unico che lo alimenta riguarda la presunta scomparsa delle classi, con annessa fine del concetto di sfruttamento e di lotta tra capitale e lavoro.
L’evidenziare continuamente l’interesse dei cittadini – consumatori per giustificare azioni di politica economica tese a crescenti liberalizzazioni e a maggior concorrenza, con l’assunto che poi la mano invisibile del mercato aggiusta e corregge le storture attraverso le preferenze che i cittadini-consumatori accordano a questo o quel prodotto, rientra nel campo di quella politica miope e rassegnata nei confronti dei desiderata di Confindustria e del Corriere della Sera.
Non si tratta di prendere le difese di questa o quella “ corporazione”, bensì di capire come la progressiva americanizzazione della società italiana porta verso orizzonti di mercificazione al ribasso tutta la filiera del lavoro e dell’orizzonte di vita delle singole persone. Il concetto di Low Cost come paradigma esistenziale espunge chi è in possesso di eccellenze intellettuali e di qualità anche nei comparti dell’artigianato dei prodotti tipici, del piccolo commercio e del terziario in generale; settori nei quali non solo si accentuano le aree di precarietà ma diviene a rischio la stessa sopravvivenza di molte unità a conduzione familiare per l’irrompere di soggetti finanziariamente potenti; molte Wall Mart in grado di controllare il mercato e di determinarne poi bisogni e orizzonti con massicce campagne pubblicitarie. Una situazione di completo dominio e vantaggio del capitale, che parte dalle scellerate politiche del credito per terminare con le offerte 2X1 ; un indebitamento progressivo del lavoro e della cultura che non riesce a tenere il passo delle multinazionali del consumo. Allora l’azione da Sinistra e di Sinistra verso questa complessa situazione richiede a mio parere la capacità di interagire con questi soggetti produttivi, di analizzarne problematiche – dal credito alla valorizzazione dei processi di qualità faticosamente tentati – ben oltre gli aspetti urlati dai mass media quali quelli degli studi di settore e delle tasse. Se a rischio è la capacità di “mandare avanti la baracca” di primaria importanza deve essere il ragionamento e gli interventi sulla possibilità di fare sistema per reggere l’urto della concorrenza e, parallelamente, di prospettare possibilità di ricercare ed applicare qualità a tutte le filiere interessate ed ai territori ove queste risiedono.
La mancanza di comprensione critica di se stessi, presente in molte delle categorie menzionate, non deve costituire un deterrente verso una politica di attenzione che sappia produrre cultura critica, quindi autocoscienza da parte dei soggetti interessati.
Un lavoro di lunga gittata del quale si sente comunque l’esigenza, anche per la mancanza di iniziativa di molte delle associazioni che in teoria dovrebbero rappresentarne interessi e bisogni.

(Davide Musarra)

martedì 6 novembre 2007

Robin Hood non piace più

Robin Hood non piace più

Secondo le più moderne tecniche di marketing, così pensano alcuni, la romantica leggenda di Robin Hood non può più rappresentare simbolicamente la città di Nottingham, proiettata verso una dimensione mondiale di business area, città d’affari, secondo lo studio pubblicitario commissionato dal municipio stesso.
Che le moderne banche d’affari e la comunità finanziaria internazionale siano a rischio di immagine nell’essere rappresentate dall’arciere di Sherwood è comprensibile, un po’ meno chiara si presenta la moralità dei soggetti in questione, specie dopo gli ultimi anni non proprio esemplari per corretta trasparenza e legalità delle azioni condotte in porto.
Ma questi sono i tempi, e le storie con un’anima lasciano il campo alla razionale condotta economica degli individui, pena l’esclusione dal “ giro che conta”.
Qualcuno però potrebbe prendersi a cuore le sorti di diverse figure relegate nelle soffitte dei ricordi, oltre a Robin Hood penso a Zorro, Corto Maltese, e diversi altri.
Tutte figure fuori dal tempo e però sempre attuali per quello che attiene il desiderio di un mondo meno pervaso dalla finanza e più attento ai sentimenti quotidiani.
Un mondo, fantastico nelle sue intenzioni se rapportato alla realtà odierna, nel quale alla fine della storia un briciolo di fantasia riesce a spuntarla sull’aridità dei numeri, a maggior ragione quando questi sono sempre e comunque in mano ai soliti noti…
(Davide Musarra)