domenica 23 settembre 2007

Cambiare mentalità

Cambiare mentalità

Ecologia: un termine che deriva dal greco “oikos”, che vuole dire ambiente ma anche casa e da “logos” che significa studio. Studio dell’ambiente/studio della casa. Questo il significato etimologico della parola, che presuppone una concezione dell’ambiente inteso quale abitazione degli esseri viventi.
Non è, però, esattamente questo l’approccio che l’Uomo ha nei confronti della Natura: si disboscano i monti, si inquinano i fiumi ed i mari, l’aria delle città è sempre più avvelenata, si costruisce in maniera selvaggia, senza rispetto per il paesaggio e per l’ecosistema, si uccidono indiscriminatamente gli esseri viventi provocando l’estinzione di sempre più numerose specie e questo perché, in realtà, l’ambiente viene concepito dall’umanità come una risorsa.
Una risorsa da sfruttare senza scrupoli al fine di soddisfare i propri bisogni e le proprie comodità e, da parte di molti, per aumentare i propri profitti. Questo atteggiamento, che pone l’Uomo al centro del mondo, che sarebbe stato creato per lui, si chiama antropocentrismo ed è di biblica matrice. Basti citare il seguente passo della Genesi: Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
I fiumi, i laghi, i mari, le montagne, le piante, gli animali non umani sono stati creati per soddisfare le nostre necessità ed i nostri desideri. Pertanto, l’ambiente ed i suoi abitanti non umani non hanno ragione di esistere, se non in funzione dei vantaggi che essi possono arrecare all’Uomo.
La razza umana è quindi convinta di essere la padrona assoluta della Natura e di poterla manipolare a proprio piacimento. In realtà, innumerevoli sono stati i casi in cui quest’ultima ha dimostrato di non essere sempre disposta a farsi manomettere: pensiamo ad esempio, per quanto riguarda l’Italia, al disastro del Vajont, nel 1963, in cui duemila vittime innocenti perirono, perché l’Uomo aveva sfidato impudentemente (per sete di profitto) la montagna, che già lo aveva avvisato più volte di essere contraria al suo progetto; pensiamo alle epidemie che si diffondono periodicamente all’interno degli allevamenti intensivi (morbo di Creutzfeldt Jacob, polli alla diossina) perché l’Uomo altera gli equilibri alimentari degli animali, provocando disastri.
Ma da queste lezioni il genere umano non trae mai conclusioni profonde: lì per lì si meraviglia, si scandalizza, a volte entra nel panico ma, una volta che gli organi d’informazione dicono che l’allarme è rientrato, ritorna tutto come prima, come se nulla fosse accaduto.
Non ci si domanda mai se, per caso, stiamo sbagliando qualcosa.
Non ci si rende conto che, fino a quando non muteremo il nostro approccio nei confronti della Natura, dei suoi cicli e delle sue regole, che vanno rispettate così come l’esistenza delle altre creature che popolano la Terra, i disastri come quelli sopra menzionati saranno sempre più frequenti e sempre più gravi.
Questa non è una visione catastrofica, bensì realistica, di fronte ad un comportamento umano irresponsabile nei confronti della Natura.
Occorre, per operare un rovesciamento della situazione, un radicale mutamento del nostro modo di rapportarci con la Madre Terra e con tutti i suoi figli, che porti ad un abbandono dell’antropocentrismo, per giungere ad una concezione olistica (dal greco “holon”: tutto) che consideri la razza umana come una delle tante specie che popolano il Pianeta, senza porla al centro di alcunché e senza conferire ad essa poteri particolari sulla Natura e sugli altri esseri viventi. Noi siamo parte di un Tutto e non abbiamo ragione di ritenere di essere altro da questo Tutto: i danni che arrechiamo al Sistema necessariamente si ripercuoteranno, a breve o lungo termine, su di noi e sui nostri figli nonché su tutte le altre creature che popolano il Pianeta, che sono costrette a subire le nostre azioni scellerate, senza poter reagire e difendersi.
La distruzione dell’ambiente andrà di pari passo con la distruzione del genere umano se non opereremo questo cambiamento di mentalità che, però, deve partire in primis da noi stessi. E’ inutile protestare contro le Istituzioni, ree di non adoperarsi abbastanza per la tutela dell’ambiente, quando siamo noi i primi a non fare abbastanza in questa direzione.
Cominciamo ad operare dentro di noi, cambiamo noi stessi ed il nostro modo di raffrontarci con le rocce, con gli alberi, con gli altri esseri viventi (nostri compagni di viaggio e non nostre risorse) ed allora avrà più senso, nonché efficacia, la lotta in difesa dell’ambiente, che altro non è se non la lotta per la difesa della vita, in tutte le sue forme e manifestazioni.
(Paolo Franceschi)

E intanto gli innocenti muoiono

E intanto gli innocenti muoiono

L’uomo si pensa scaltro ma è miseramente stolto. Generare figli garantendone il futuro, tutelare l’ambiente in cui vivere, due concetti semplici e vitali per la prosecuzione della nostra specie. Tuttavia, è da chiedersi se il genere umano, per mancanza di volontà e per egoistica noncuranza, sarà destinato ad estinguersi.
Certo, perché gli uomini, dediti appassionatamente e bramosamente a perseguire e garantire futilità e, soprattutto, soluzioni fittizie ai problemi, sbagliano la scelta degli obiettivi.
Ci si soffermi sul primo concetto, quello della procreazione. In nessuna occasione, come al contrario avviene in questo ambito, l’uomo riesce ad esprimere tutta la propria spregevolezza. Con giustificazioni di comodo e paradossale incoerenza, definisce “diritto” l’atto di interruzione volontaria di gravidanza, atto che altro non è che omicidio volontario perpetrato nei confronti di una creatura innocente. Detto questo, ciò che non si riesce a capire è perché sia lecita, socialmente accettata e persino regolamentata, l’uccisione di un essere umano indifeso ed innocente, solamente non ancora nato, il cui battito cardiaco è chiaramente udibile e rilevabile dopo appena trenta giorni dal suo concepimento e suscita, invece, riprovazione e turbamenti di coscienza ipotizzare di privare della vita un individuo adulto, autore, per giunta cosciente, di un grave reato. Ingiusto e mostruoso. Come se non bastasse, anziché cercare di rendere sempre più complesso il percorso e disincentivare la pratica, si introduce la cosiddetta pillola abortiva RU486, che semplifica e liberalizza l’interruzione volontaria di gravidanza.
Urge quanto mai una rivoluzione culturale, con la quale sovvertire l’ordine dei valori e modificare la scelta delle priorità e degli obiettivi: la vita genera futuro, conservazione e, certamente, non è la vita di innocenti e di silenziosi indifesi che va interrotta.
E poi, lo scenario appare quanto mai desolante e drammatico, se si pensa con quale frequenza vengono perpetrate violenze, consumati abusi e commesse uccisioni di minori. Scalpore, commozione immediata, dopo averne appresa notizia, e tutto viene affidato ad un sistema normativo e sanzionatorio crudelmente troppo indulgente. In questo senso, e per la gravità del fatto, riprovevole senza limiti a livello morale, e perché la vittima rappresenta per il genere umano proprio la possibilità che gli è data di continuità e di conservazione, venendosi a configurare così l’ipotesi di crimine contro l’umanità, risulta necessario punire il responsabile con pene esemplari, includendo la pena capitale.
Uno Stato non può dirsi civile se applica la pena di morte? Non lo è nemmeno quello che non pone tra le proprie priorità la tutela di indifesi e di innocenti e che non persegue nella maniera più severa chi priva questi della vita.
(Nicoletta Locati)